
Lo sport è alimentato dall’agonismo e dalla passione. E nutrire una passione significa patire, soffrire per un obiettivo, ma anche prendere parte, dare sapore alla propria esistenza, conoscersi, sfidarsi.
In ogni prestazione è presente la tensione della prova, del superare se stessi, del confrontarsi. In attesa, c’è il limite, il riscontro, la sconfitta. Tutte queste istanze sono da gestire psicologicamente.
Vincere o perdere, raggiunge qualcosa di nucleare in ogni individuo, espande o mette in crisi la propria identità. Espone alla differenziazione, alla distinzione, alla contrapposizione dell’altro, ma anche al bisogno profondo di autoaffermazione, di socialità e di buoni rapporti.
Il peso che uno sportivo assegna alla vittoria, alla sconfitta o alla classifica, hanno un’enorme impatto sulla sua vita conoscitiva e ne condizionano le prestazioni. Le valutazioni e la prospettiva con cui egli stima gli esiti agonistici, minaccia la sua motivazione e con essa la messa a fuoco di attenzione, memoria, pensiero e processi automatici. Minaccia soprattutto la sensazione di sentirsi in-capace e/o in-competente.
In questi casi è premiante per lo sportivo saper accomunare alcuni fattori:
l’aspetto informativo (il feedback) con cui valuta e ristruttura positivamente il suo pensiero;
la capacità di dirigere l’attenzione sulle componenti tecniche della disciplina, ‘come ho giocato’, piuttosto che sul ‘quanto è finita’;
l’attitudine a lodarsi e valorizzare gli aspetti positivi della propria condotta;
e l’abilità di usare contemporaneamente leve motivazionali premianti e/o inibenti.
Tutto ciò rappresenta una sfida avvincente, con se stesso e con gli altri. Ma la sfida maggiore è culturale ed è quella di maturare nella vittoria, ottenendo risultati migliori, e svilupparsi nella sconfitta, adattandosi meglio alle difficoltà.
Per quanto mi riguarda gli obiettivi della pratica sportiva sono molteplici e ‘vincere o perdere’ rappresentano solo un segmento dei fattori più interessanti. Gli altri elementi riguardano la capacità di godere del benessere psicologico derivato dalla pratica sportiva e con essa l’equilibrio emotivo e la salute.
Con quale atteggiamento?
Quello di pensare al piacere dell’azione,
ad agire con la testa,
ad accendere il cuore,
a far crescere la personalità.
In ogni prestazione è presente la tensione della prova, del superare se stessi, del confrontarsi. In attesa, c’è il limite, il riscontro, la sconfitta. Tutte queste istanze sono da gestire psicologicamente.
Vincere o perdere, raggiunge qualcosa di nucleare in ogni individuo, espande o mette in crisi la propria identità. Espone alla differenziazione, alla distinzione, alla contrapposizione dell’altro, ma anche al bisogno profondo di autoaffermazione, di socialità e di buoni rapporti.
Il peso che uno sportivo assegna alla vittoria, alla sconfitta o alla classifica, hanno un’enorme impatto sulla sua vita conoscitiva e ne condizionano le prestazioni. Le valutazioni e la prospettiva con cui egli stima gli esiti agonistici, minaccia la sua motivazione e con essa la messa a fuoco di attenzione, memoria, pensiero e processi automatici. Minaccia soprattutto la sensazione di sentirsi in-capace e/o in-competente.
In questi casi è premiante per lo sportivo saper accomunare alcuni fattori:
l’aspetto informativo (il feedback) con cui valuta e ristruttura positivamente il suo pensiero;
la capacità di dirigere l’attenzione sulle componenti tecniche della disciplina, ‘come ho giocato’, piuttosto che sul ‘quanto è finita’;
l’attitudine a lodarsi e valorizzare gli aspetti positivi della propria condotta;
e l’abilità di usare contemporaneamente leve motivazionali premianti e/o inibenti.
Tutto ciò rappresenta una sfida avvincente, con se stesso e con gli altri. Ma la sfida maggiore è culturale ed è quella di maturare nella vittoria, ottenendo risultati migliori, e svilupparsi nella sconfitta, adattandosi meglio alle difficoltà.
Per quanto mi riguarda gli obiettivi della pratica sportiva sono molteplici e ‘vincere o perdere’ rappresentano solo un segmento dei fattori più interessanti. Gli altri elementi riguardano la capacità di godere del benessere psicologico derivato dalla pratica sportiva e con essa l’equilibrio emotivo e la salute.
Con quale atteggiamento?
Quello di pensare al piacere dell’azione,
ad agire con la testa,
ad accendere il cuore,
a far crescere la personalità.