
Quando un atleta si sente bene, non è difficile ipotizzare che il suo dialogo interiore sia: ‘sto bene!’, ‘sono il più forte!’, ‘non temo nulla!’. Ed è probabile che le affermazioni delle sue buone performance suonino come ‘miracoli’ o più amorevolmente come ‘miracolilli’, in più di un’occasione. O, giocando con se stesso e confrontandosi con gli altri, ironizzi, alla ’Conan il barbaro’, di quanto sia forte e imbattibile.
E’ uno stato mentale che risuona in un corpo che è: vivo, forte, veloce. I movimenti sono talmente armonici e rapidi che la concentrazione è quella di essere a casa, nei propri piedi e gambe, nel respiro e mani, ma senza pensieri.
In ogni azione domina l’intensità dei gesti, con la mente in uno stato di vuoto leggero e le mani a muoversi nella spensieratezza delle danze naturali.
Stare bene, è spensieratezza allo stato puro, è un esserci/non esserci, è la porta di uno stato di flow naturale, perfino troppo ‘facile’.
Se si sta bene, appunto. E se si sta male? Cosa succede a tutte queste belle sensazioni?
I pensieri sono: ‘sto male!’, ‘sono sotto un treno!’, ‘non riesco!’. La mente è stanca come il corpo ripiegato su se stesso, debole e pesante. Le sensazioni gravano sul torace e l’energia scivola dentro un vaso a perdere. La bocca è impastata e i pensieri hanno una voce alitante e fastidiosa.
Brutta faccenda quando le cose vanno così. Ma che fare? Assecondare i malesseri e giustificarsi con la stanchezza, il periodo, il sistema, o agire su questi processi interiori?
Cominciando a spostare quei pensieri fino a introdurli in una scatola;
uscendo da uno stato di ripiegamento con un voce di richiamo;
muovendo, con le mani, quel peso sul torace;
si riaccendono i fili della comunicazione con l’ambiente, la prestazione e con se stessi.
Se si riesce a farlo, cioè di modificare con azioni consapevoli le percezioni, l’orologio mentale non fa più quel tic tac, noioso e apatico; le sensazioni ansiose svaniscono e con esse i pensieri di un cervello caduto nell’inverno; e si ritrova la creatività dell’attenzione, dei gesti, del gioco, della gara, del sole dentro.
Una pienezza dell’essere attivi, dell’'andare verso' e del cercare il ritmo dei risultati che fa rima con ’felicità’.
Finalmente!
E’ uno stato mentale che risuona in un corpo che è: vivo, forte, veloce. I movimenti sono talmente armonici e rapidi che la concentrazione è quella di essere a casa, nei propri piedi e gambe, nel respiro e mani, ma senza pensieri.
In ogni azione domina l’intensità dei gesti, con la mente in uno stato di vuoto leggero e le mani a muoversi nella spensieratezza delle danze naturali.
Stare bene, è spensieratezza allo stato puro, è un esserci/non esserci, è la porta di uno stato di flow naturale, perfino troppo ‘facile’.
Se si sta bene, appunto. E se si sta male? Cosa succede a tutte queste belle sensazioni?
I pensieri sono: ‘sto male!’, ‘sono sotto un treno!’, ‘non riesco!’. La mente è stanca come il corpo ripiegato su se stesso, debole e pesante. Le sensazioni gravano sul torace e l’energia scivola dentro un vaso a perdere. La bocca è impastata e i pensieri hanno una voce alitante e fastidiosa.
Brutta faccenda quando le cose vanno così. Ma che fare? Assecondare i malesseri e giustificarsi con la stanchezza, il periodo, il sistema, o agire su questi processi interiori?
Cominciando a spostare quei pensieri fino a introdurli in una scatola;
uscendo da uno stato di ripiegamento con un voce di richiamo;
muovendo, con le mani, quel peso sul torace;
si riaccendono i fili della comunicazione con l’ambiente, la prestazione e con se stessi.
Se si riesce a farlo, cioè di modificare con azioni consapevoli le percezioni, l’orologio mentale non fa più quel tic tac, noioso e apatico; le sensazioni ansiose svaniscono e con esse i pensieri di un cervello caduto nell’inverno; e si ritrova la creatività dell’attenzione, dei gesti, del gioco, della gara, del sole dentro.
Una pienezza dell’essere attivi, dell’'andare verso' e del cercare il ritmo dei risultati che fa rima con ’felicità’.
Finalmente!