L’allenamento mentale fatica ad essere percepito dall’atleta medio come un programma strutturato, al pari di un allenamento fisico e tecnico. Nonostante sia entrato nel linguaggio di una prassi comune (se ne parla molto in ogni ambiente sportivo), il mental training è utilizzato a spot, qualche tecnica qua e là, se ce n’è bisogno, e quando è proprio necessario, più che con regolarità. In questi ultimi anni è senza dubbio passata l’idea che migliorare le abilità psicologiche migliora le prestazioni sportive, ma quello che forse fatica ad entrare nella prassi quotidiana di una preparazione mentale di base è la continuità. I dati sugli allenamenti mentali protratti con continuità sono confortanti sia sulla prestazione che sulla piacevolezza, sia sulla soddisfazione sportiva che nella semplice attività fisica. E allora, perché non c’è continuità nell’allenarsi mentalmente? La risposta sembra essere l’imprevedibilità e l’incertezza dei risultati attesi. Mentre un muscolo o un comportamento può essere allenato con relativa efficacia e prevedibilità, agire su specifici tratti di personalità risulta un terno al lotto, sia per la complessità dell’individuo che per la difficoltà di prevederne le reazioni. Per questo motivo, le ricerche e le attività di addestramento mentale si sono indirizzate verso le situazioni competitive e le caratteristiche specifiche di ogni disciplina, piuttosto che sul carattere o la personalità dell'atleta. Di fatto, l'addestramento mentale è diventato ausiliario al raggiungimento di un risultato atteso, più che di un vero e proprio processo di automiglioramento personale. In pratica, ci si allena mentalmente se serve alla gara, se serve al risultato, ma non certo per un processo di crescita personale, l’unico che sarebbe in grado di garantire un allenamento continuativo al di là di uno scopo atteso’. E così, ci si allena mentalmente quando c’è preoccupazione nella gestione degli stati interiori e c’è ansia nell’affrontare prove e competizioni. Il fatto è che proprio praticando il training mentale con continuità un atleta è in grado di percepire e prevedere comportamenti idonei alle prestazioni e sviluppare le abilità necessarie che servono non solo per una gara, ma per una carriera e oltre. Si tratta ‘solo’ di allungare il tiro.
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