Rimanere tranquilli quando si viene sottoposti a giudizi pressanti, mantenere la concentrazione in presenza di aspettative multiple, dare il meglio di sé mentre si vivono dissonanze e conflitti interni, sembra comportare un’impresa titanica per la povera coscienza dell’atleta. O l’atleta riesce a consegnare ai propri meccanismi difensivi, quali l’ironia, la svalutazione, la dimenticanza o altre forme di isolamento del pensiero, i propri turbamenti, altrimenti si ritroverà come una barchetta in mezzo al mare ... in una tempesta vera. In questo caso: forti oscillazioni emotive, stati di ansia, compromissione dei sistemi attenzionali, decisionali e motivazionali. Si direbbe a prima vista che questo potrebbe rappresentare il fallimento della coscienza dell’atleta nella gestione delle complessità. E allora, come gestirla questa complessità? Oltre ai sistemi difensivi sopra citati, evidentemente vanno riposizionate le valutazioni che in modo automatico determinano il complesso delle risposte ansiogene. Pertanto, un primo intervento va effettuato sulla percezione della gravità degli eventi, sui timori delle conseguenze e sulla loro sopportabilità. Individuare una corretta prospettiva consente di ridurre i conflitti di valutazione in atto e in particolare le aspettative distorte, con conseguente rasserenamento. Un secondo intervento consiste nel fornire ai sistemi difensivi automatici, quali la dimenticanza o la svalutazione, il necessario carburante attenzionale per far entrare uno stimolo da un orecchio per poi accertarsi che esca dall’altro in tempi rapidi. Un terzo intervento consiste nel cambiare occhiali, e quindi strategia, nella valutazione degli stimoli ansiogeni, siano essi persone o fatti. Un’ altra interessante strategia, consiste nel ‘sentire’ profondo, corporeo, e nel rilassamento delle tensioni psicofisiche.
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