Qualcuno orientato al pensiero razionale può definire il rilassamento come una ‘droga’, come una preghierina di poca utilità, come qualcosa che è altro da sé. Altri vedono il rilassamento come un modo per costruire attivamente un dialogo mente corpo da utilizzare in vari contesti della vita, in modo integrato anche con altre pratiche. Ma vediamone le fasi e poi ci riflettiamo. La prima è una fase di auto percezione dove l’ascolto di sé si dirige alle sensazioni fisiologiche esistenti, senza alcun intento correttivo. La seconda è uno stato di radicamento corporeo, dove si sente il corpo e solo quello, fermando il tempo nel qui e ora. Senza distrazioni recenti o future. La terza è un momento di attenzione al respiro e alle osservazioni qualitative del suo movimento. La quarta è una condizione, coscientemente attiva, nella quale il respiro fluisce fino a diventare piacevole e rilassante nel movimento espiratorio. La quinta è il gradino della scoperta del respiro diaframmatico, quindi una respirazione più estesa e profonda che può dare sensazioni molto sottili quasi cellulari. La sesta è l’applicazione del proprio metodo di rilassamento: dai piedi alla testa (yoga); dagli arti al busto (training autogeno); dalla testa ai piedi (training mentale); dalla percezione sensoriale (rilassamento sensoriale). In questa fase è normale anche utilizzare non solo forme passive di distensione, ma movimenti delicati che riflettono lo stato energetico e di flusso di singole zone corporee (direzionamento energetico). Oppure contrarre in modo molto energico certi settori muscolari allo scopo di distendere le eventuali tensioni associate. La settima è lo stadio del rilassamento mentale attraverso pensieri e immagini, fino all'utilizzo intenso della visualizzazione per produrre significativi rinforzi o cambiamenti ai modelli di pensiero. Che dire, mi sembra una attività che non solo consente un miglior autocontrollo, ma offra concrete opportunità di autoconoscenza e strumenti per vivere meglio e con più creatività.
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