Sport: 'il teatro del corpo'

Ogni gara è un palcoscenico dove far cadere due barriere attraverso la ricerca di un ordine tutto emozionale: la paura che l’avversario ha di noi e la paura che noi abbiamo dell’avversario.

Per realizzare una armonia emotiva, ogni atleta, ricerca sistemi per sbriciolare i dubbi che si riflettono nel suo corpo e nella sua mente.

Così può accadere di vedere mani che si muovono nello spazio, che dialogano con la pelle attraverso le carezze, il contatto, l’abbraccio. Si può vedere il corpo che si muove con cura verso il proprio centro, alla ricerca di un potenziale autorigenerativo, spontaneo e istintivo, non mediato dalla ragione. Con un preciso scopo: esprimere le proprie emozioni, espiare le proprie angosce, stimolare le proprie risorse, sopportare la tensione collettiva.

Ogni rituale corporeo ha il potere di accompagnare l’atleta a un assetto emotivo. La tenuta emotiva guida i suoi comportamenti ed è in grado di aumentare l’attività delle funzioni superiori del cervello fino al raggiungimento di uno stato di ‘prontezza’ piena e incondizionata.

Superata la fase di rifinitura, che potremmo chiamare di perfezionamento, l’atleta entra nell’armonia della danza del corpo, nell’ordine delle emozioni e nella bellezza di uno stato di flow.

Creare movimento, respiro, visualizzazione, dialogo, riflessione fornisce all’atleta l’opportunità di riconnettersi con la propria creatività, intuizione e fine percezione sensoriale.

Non solo. Il contatto con la propria condizione animale, con le proprie emozioni più ‘temibili’, attraverso la sintonizzazione corporea, gli consente di integrare sagome interiori: ambigue, ambivalenti, nevrotiche.