La scaramanzia, o se vogliamo il pensiero magico, ha da sempre accompagnato molte persone nei propri successi e nelle proprie sconfitte. Nel lavoro, dove vogliamo sostenere in modo convincente le nostre tesi o riuscire in un progetto. A scuola, con un compito o un’interrogazione. Fino alla più semplice scommessa tra amici … allo sport. Sono circa 15anni che gioco a calcio. Da quando questo sport ha cominciato a vestire gli abiti del lavoro più che del puro divertimento, ho notato l’effetto scaramanzia espandersi a macchia d’olio nella mia professione. Quello che conta ora non è più divertirmi in modo sereno, socializzare con il gruppo o condividere esperienze. Quello che conta è diventata, nel tempo, la prestazione, il risultato, la perfezione, la vittoria. Soprattutto il divieto di sbagliare. Sono solo riflessioni, ma quando si associano ad emozioni svantaggiose quali ansia, paura di non farcela, giudizio, i rituali sembrano acquisire un potere enorme, capace di sopperire ad eventuali carenze fisiche o ad una incompleta preparazione psico-fisica alla gara. La credenza assume il valore di fede quando ci si illude che gli eventi futuri saranno influenzati da particolari comportamenti scaramantici senza che vi sia una relazione causa-effetto. La scaramanzia, pertanto, diventa quel fattore miracoloso che può fare la differenza nelle prestazioni. Basta utilizzare il rituale giusto od oggetti speciali per attirare la buona sorte o allontanare gli eventi negativi. Ma allora mi domando: ‘perché dovrei affidare la mia vita a un rituale? Ad un oggetto? I motivi sottostanti al pensiero magico sono tanti. Personalmente, sono sicuro, sentirei tutta la mia fragilità. Il giorno in cui il mio rituale o il mio portafortuna non dovesse funzionare, sarei in balia delle mie emozioni e metterei in discussione tutto, compresa la memoria di ciò che sono e di ciò che so fare. L’attenzione non ricadrebbe più sulla ricerca di me stesso, degli errori che ho compiuto o delle azioni che potevo migliorare, ma cadrebbe sul ‘perché non ha funzionato?’ E perché è finito l’effetto? Sto riflettendo e mi dico che ho voglia di sbagliare con la mia testa, ho voglia di imparare dagli errori e ho voglia di germogliare, anche se questo non può essere raggiunto con la sola buona volontà, ma attraverso una crescita personale che mi invita a meditare sull’esperienza dei miei limiti, sul buon senso nell’affrontare la mia vita e soprattutto nello sviluppare l’intraprendenza. Mio padre, ha definito l’intraprendenza come la volontà tenace e aggressiva di imporsi, di farsi valere per raggiungere obiettivi a lungo termine. Questo significa che sono io l’oggetto della mia scaramanzia, sono io il protagonista della mia vita e non le cose al di fuori di me. Tutto questo mi fa pensare ad un percorso lungo e non sempre facile, ma che credo sia fondamentale nella realizzazione di me stesso come atleta e come uomo. Ho la fortuna di confrontarmi spesso con la mia famiglia, da mio padre a mia madre, entrambi psicologi e mio fratello, counselor biosistemico e coach life. Ho modo di parlare con loro, di paragonarmi e di approcciarmi anche in modo diverso alle situazioni. Credo che la superstizione, da questo punto di vista, sia una scorciatoia per realizzare successi passeggeri. Credo inoltre che si perda la gioia e la soddisfazione di migliorarsi attraverso un percorso di crescita che migliori l’autostima e la consapevolezza. Ecco quindi cosa mi dico: scaramanzia? No, grazie. www.nicolomanfredini.it
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