E’ abbastanza normale prima di giocare partite importanti avere due paure: la prima è la paura di sbagliare; la seconda è quella di giocare la propria partita. Personalmente trovo normale la prima, sana la seconda: da gestire entrambe. Prima di addentrarmi nell’argomento mi chiedo ‘cosa succede psicologicamente all’atleta?’. La risposta è un disallineamento tra i sistemi fisico/energetico, emotivo/relazionale e mentale/processuale, tale per cui la musica della eventuale prestazione in un contesto dato può risultare caotica, probabilmente imprecisa, certamente inquietante. Si possono gestire queste paure? Certo, basta che tutto vada bene, oppure che si senta di aver dato del proprio meglio. E come si fa? Propongo due riflessioni e strategie distinte. La prima è cognitiva ed è sapere di sapere. In questo caso è l’essere adeguatamente preparati nel proprio ruolo, capaci di essere predisposti all’incertezza degli eventi e pronti a interpretare creativamente le situazioni. Per sapere di sapere ci si deve soffermare su questi tre aspetti per soppesarli, aspettarli, affrontarli. Quando si è preoccupati è perché non ammettiamo qualcosa, gli errori, e temiamo conseguenze, le punizioni. Ma il vero prezzo è l’esclusione da quel processo creativo che ci invita al coraggio di fare la cosa giusta, che serve e che altro non può che essere. La seconda consiste nell’abilità di allinearsi attraverso il corpo riuscendo a fare un triplice movimento di danza corporea che uniforma gambe/piedi , braccia/mani e tronco/respiro ad una attenzione vigilante e ad una coscienza presente. Infine si deve fare attenzione ad usare saggiamente questi doni, creatività e coscienza, per interpretare al meglio ogni contesto che guarda il presente e non teme il futuro.
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