Lo Sport: pensato e non pensato

Fare sport richiama alla mente le forme primordiali dell’apprendimento: la scoperta dei sensi, il movimento, il gioco, le regole, i ruoli, il confronto.

Si può fare sport senza pensare, per puro piacere o per realizzare la massima efficienza della nostra bella macchina umana. Oppure si può fare sport pensando, facendosi domande interessate, agendo in modo consapevole, scoprendo la bellezza delle nostre risorse e dei nostri limiti.

Secondo me la seconda modalità è la parte più interessante. Ma, chissà cosa ci conviene di più per i nostri fini! Non nego che in molti sport, ‘pensare’, sia poco incline al risultato.

Sempre secondo me, lo sport pensato e consapevole, ci offre l’opportunità della misura, del confronto, della comunicazione, della condivisione.

Possiamo fare esperienza di noi attraverso lo sport per arricchire di strutture e di metafore mirabolanti il senso di ciò che siamo: ci proiettiamo in un futuro eroico di scoperte che giacciono al fondo di noi stessi, prima che fuori.

Per tutti questi motivi, lo sport ci offre molte ragioni per attrezzarci psicologicamente e trarne dei benefici per la nostra intera vita. Anzi, il luogo dello sport, il suo momento, il suo essere contenitore privilegiato, offre ad ognuno di noi la possibilità di uno spazio interiore di apertura. Ci permette di sperimentare una metodologia che valorizza appieno i nostri attrezzi psicologici: la sensazione, la percezione, la memoria, la coscienza, il pensiero, l’immaginazione, la comunicazione, la creatività, l’emozione.

E’ da qui che si parte per diventare uomini e donne che pensano attraverso il corpo, che sentono attraverso l’energia, che scoprono attraverso le loro forme, che creano attraverso le proprie opere, che danno senso alla propria vita.

Nel pensare a questa psicologia dello sport ci si apre ad un mondo di domande e di scoperte.

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