Un atleta che cerchi il proprio record personale o di vincere contro un avversario, si prepara adeguatamente, cerca le strategie migliori per gestire le proprie emozioni e fa di tutto per superarsi. Nel farlo si trova quasi sempre al confine di qualcosa, alla ricerca delle condizioni ottimali.
Per questo, talvolta senza volerlo o senza esserne pienamente cosciente, adotta nei confronti del propria preparazione mentale delle modalità pervasive a livello percettivo, cognitivo e comportamentale, che producono esperienze insolite, immagini amplificate, voci interiori, credenze magiche, telepatia, superstizione, ‘sesto senso’. Insomma tutto ciò che gli permetta di accrescere l’organizzazione di una prestazione e gestirne i picchi, la fatica o il dolore, compreso l’ultimo metro, secondo o contatto. Molti atleti, per quello che fanno, per i sacrifici che compiono e per quello che vivono nella loro testa, potrebbero essere considerati dei matti un po’ speciali. Alla ricerca, attraverso le loro performance, di una normalità straordinaria. E allora, per non essere considerati dei malati di mente che mettono a repentaglio la propria vita, come succede in molti sport estremi, nascono i manuali di sicurezza e buone pratiche mentali. Obiettivo: nessun rischio e massimo controllo sulle condizioni fisiche e psicologiche dell'atleta. Uno degli sport dove tutto questo viene sviluppato all’ennesima potenza è l’apnea. E ‘l’apnea non mente’ quando l’atleta tocca con mano i propri punti critici di preparazione, autocontrollo e limiti. Nell’apnea la parte mentale si allena in modo molto serio e molti istruttori, in questo caso penso a Paola Negrini (una tra le istruttrici di apnea del circuito Fipsas più apprezzate per preparazione e sensibilità), adottano prima, durante e dopo precise, ma anche individualizzate e creative, modalità di preparazione mentale. Immaginazione e percorsi mentali in ogni singola fase di gara. Sia che si tratti di apnea statica, dinamica, discesa in costante o a rana. Frasi per ogni momento critico. Varie stanze di pensieri adatte ad ospitare percorsi narrativi utili ad accompagnare il tempo che scorre. Visi di persone, etc. In ogni prima fase di gara si cercano le sensazioni più piacevoli, nella seconda, più ‘tirata’, si scopre il meccanismo della sofferenza e si individua la propria ‘sofferenza rilassata’. Vale a dire si impara a ‘calibrare la tensione e la fatica nel modo giusto’. E così, come negli allenamenti ripetuti ed estenuanti si tratta di estendere i confini della piacevolezza facendo in modo di alternare ripetizioni mentali altrettanto piacevoli. L’ideale è esercitare la propria capacità di immaginazione, accettando un po’ di fobie quando qualcosa non va nel modo giusto, un po’ di paranoia quando la lotta si fa dura, un pizzico di ossessività quando si affrontano cose complesse, e un po’ di istrionismo quando si vuole emergere dalla massa e vincere. Dall’allenamento mentale nascono buone teorie e dai mutamenti dell’umore viene la creatività. Se riusciamo a gestire tutto questo al meglio possiamo batterci sulla spalla e farci i complimenti. Ricordiamoci solo che, prima di una gara, avere tutte le nevrosi possibili (i non riesco, i non posso e gli altri sono migliori di me) significa non averne alcuna. Basta non lamentarsi. In bocca al lupo per le prossime gare.
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