Le strategie che si concentrano sulla condizione fisica generale di un atleta, si innescano a partire da una corretta attivazione dei sensi e dei centri nervosi coinvolti nell’attività motoria. Il rendimento agonistico, pertanto, è ciò che si origina dalla catena virtuosa di sensazione, percezione e movimento. Il movimento, in particolare, è il promotore di specifici spazi di azione, percezione e sensazione, e determina i modelli di comportamento e rendimento agonistico che osserviamo in allenamento e in gara. Ci sono tre attività che regolano il controllo e la comunicazione che il cervello esercita su ogni comportamento. Ne abbiamo una consapevolezza minima e riuscire a coglierne gli effetti ha un valore enorme per l’efficienza degli equilibri psicofisiologici della prestazione. Il primo riguarda la capacità di monitorare i flussi sensoriali che arrivano da più fonti (ambiente e corpo). La seconda è l’abilità di integrare la qualità delle informazioni che consentono di poter decidere come agire di momento in momento. La terza è la partecipazione completa alla risposta motoria in atto, con la relativa sensibilità e attivazione di muscoli e ghiandole. Questi processi, perlopiù automatici, quando diventano oggetto della consapevolezza dell’atleta, possono migliorare e perfezionare gli scopi e le intenzioni dei movimenti volontari; possono produrre una maggiore fluidità sui movimenti riflessi (ciò è dovuto ad un minor controllo dei movimenti involontari); e infine, possono favorire quel ritmo e quella coordinazione virtuosa, essenziale per realizzare uno spazio nel quale agire e consentire uno stato di flow. La consapevolezza di immagini, dialogo interno, sensazioni corporee e movimento, costituisce quella disponibilità continua di informazioni che agiscono virtuosamente sull’esecuzione dei movimenti concreti. Non serve il controllo maniacale di questi flussi di informazioni, sembra essere sufficiente la presenza cosciente del soggetto. Ciò che risulta utile è la consapevolezza sui flussi di immagini, in quanto può servire a mitigare o amplificare gli effetti stimolati da cause esterne, come ad esempio fattori ambientali avversi o la presenza degli altri. In definitiva, un atleta che migliori la percezione dei propri movimenti, che utilizzi intere rappresentazioni visive, brani di attività, o che scandisca, in suoni e tempi, certe pratiche, ha presumibilmente una marcia in più nello stabilizzare, in chiave psicologica, il rendimento agonistico e le proprie performance. Quindi, avanti con fiducia nel rafforzare l’uso di strategie psicologiche consapevoli, con l’obiettivo di consolidare e migliorare il rendimento agonistico.
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