Il Paradosso e l'indecidibilità

Per aiutare l’atleta a dare il meglio di sé i messaggi debbono essere chiari, ripetuti e condivisi.

Quando un allenatore, nella gestione complessa di una squadra, informa i propri atleti con messaggi di fiducia (‘stai tranquillo’, ‘fai quello che sai fare’, ‘hai la mia massima fiducia’, e contemporaneamente contraddittori, attraverso la comunicazione non verbale, non produce altro che incertezza, ansia e indecidibilità.

Quando un atleta, non coglie i messaggi impliciti del proprio allenatore e non ‘legge’ il ruolo o i compiti che deve assolvere, si crea un cortocircuito che rende l’operatività dello stesso assai dispendiosa, emotivamente incandescente e scarsamente collaborativa.

Con queste affermazioni non mi preoccupo di valutare ogni singola partita o azione, momento per momento, ma mi interrogo sulla comunicazione quando è complessa nella sua ambiguità e non interpretata da entrambe le parti in un modo costruttivo.

Così, il compito di un allenatore è quello di non essere autoreferenziale, con le proprie idee ed emozioni, ma efficace nel saper trasmettere asserzioni e messaggi sui livelli logici della comunicazione: sulla realtà dei fatti e sul metalinguaggio.

Così, l’atleta ha bisogno di non filtrare solo sul piano dell’emozione l’oscillazione infinita di termini contraddittori, avviluppandosi nel fenomeno dell’indecidibilità, ma di stabilizzare l’abitudine mentale ad apprendere in modo creativo e  sicuro.

In fondo, dalle esperienze negative si cresce proprio perché si trovano risposte ai propri modelli patogeni di comunicazione.

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