Quando penso ai calciatori che si tuffano al minimo tocco, agli atleti che si dopano, a chi usa sotterfugi, come impiegare le batterie nelle gare di mountain bike, oltre a indignarmi, mi chiedo ’ma non si rendono conto che l’etica, la sportività, la sportpersonship verso l’avversario e le regole, rappresentano una garanzia di impegno pieno e leale? Non viene in mente che agire in quel modo condiziona la motivazione e il rendimento? Che nelle viscere della psiche si alleva una falsa immagine di sé?’ Evidentemente esistono motivi superiori come il successo, il denaro, il prestigio che di fatto sequestrano ogni sano aspetto interiore e catapultano al centro dell’obiettivo sportivo qualcosa che va oltre e distante dalla persona. Ma c’è un’equazione che le ricerche sembrano confermare: meno sportività = meno piacere; più sportività = più piacere. Negli sport di alto livello, la ricerca della prestazione rende la ricerca del piacere secondaria, se non marginale. Vincono altri aspetti come gli allenamenti al limite e protratti nel tempo, che di piacevole hanno ben poco. Tuttavia c’è un però. Se un atleta non trova piacevole quello che fa e non riesce ad interiorizzare gli stimoli motivazionali in modo costruttivo, può ritrovarsi a dover gestire alcuni effetti negativi: diminuisce la continuità e la persistenza degli allenamenti, mette sotto pressione il rapporto con l’allenatore, riduce l’attivazione delle proprie energie e ha la sensazione, più in generale, di avere un Sé scarico. Quando si è scarichi di energia soggettiva, non si riesce a soddisfare proprio quei bisogni psicologici che mantengono e incrementano la vitalità. Può capitare, infatti, di sentirsi esauriti anche in assenza di un particolare sforzo. Questo accade quando vengono a mancare quelle sequenze di flusso che corrispondono ad un completo coinvolgimento nel compito che si sta svolgendo. Riassumendo, per una prestazione ottimale e per non perdere stimoli verso la propria attività, concorrono i seguenti fattori: Il piacere di fare le cose, rinforza la continuità di tempo e impegno dedicato agli allenamenti; avere un allenatore che si stima e di cui ci si fida, stimola il rendimento; l’energia vitale viene incrementata dalla soddisfazione di personali bisogni psicologici; il risultato finale, la peak performance, è sollecitata da un completo coinvolgimento nel gesto agonistico e dalla esclusione di qualsiasi stimolo disturbante; e, infine, il pieno coinvolgimento rende più probabile lo stato di flow.
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