Mare, terra, aria. Ho avuto il privilegio di seguire, come psicologo dello sport, la subacquea dei campioni e degli amanti del mare, la nazionale di ‘Volo a Vela’ e tanti atleti e squadre di varie discipline, compresa la barca a vela. Nel 2000 ho partecipato ad un progetto di sicurezza in mare, la simulazione di un naufragio volontario di 48 ore, coordinato dalla Guardia Costiera della Liguria, su una zattera autogonfiabile, che aveva lo scopo di verificare dotazioni di sicurezza e soccorso in mare. Da dieci anni ho la patente nautica, oltre le 12 miglia, e ho seguito varie aziende ed i loro manager nei percorsi di formazione sulla comunicazione efficace outdoor in barca a vela. Le parole chiave di questo lungo percorso sono state consapevolezza, profondità, spazi, altezze, sicurezza, esplorazione, ricerca. Fatta questa premessa, rispondo volentieri alla domanda dell’amico Attilio di Scala, che mi chiede di esprimermi sui benefici psicologici che si possono attribuire alla pratica della barca a vela. E non faccio fatica ad identificarli. Molti studi autorevoli ne hanno distinto i vantaggi. Però sono sottili, sono emozionali, sono psicologici e come tali sono contestabili da ogni operatore di mare esperto che può ironicamente definire ogni ‘vento della psicologia’ come una moda o come un disturbo alle cose che contano: pratica, pratica, pratica. Per l’esperto velista, acquisite le necessarie competenze, i problemi sono solo quelli veri, del mare, non quelli psicologici; è il mare colui che dice cosa fare; l'insicurezza o la debolezza sono solo un difetto di preparazione; solo la persona conosce i propri limiti e le proprie capacità; si deve addestrare alle emergenze e avere la prontezza nelle decisioni; la padronanza si sviluppa con la conoscenza del vento, delle vele, degli strumenti. Tutto il resto è noia o ‘fuffa’. Eppure, non è più così. L’esperienza pratica acquisita con la barca a vela è assimilabile ad una seconda pelle della consapevolezza. La pratica della vela, allena l’attenzione, la concentrazione, la memoria, il controllo delle emozioni, le decisioni, le conoscenze, sia come processi automatici sia come interfaccia degli aspetti evolutivi della coscienza. Se devo identificare le differenze tra le due modalità, acquisizione degli automatismi e attenzione agli aspetti psicologici, trovo dei benefici nell’una e nell’altra modalità, ovviamente. Naturalmente privilegio il veleggiare nei propri processi interiori mentre si agisce sul comportamento, nella relazione con le cose, con se stessi e con il proprio sentire. Per cui, immagino che, mentre si solca il mare, la mente dispieghi le sue vele e percepisca l'armonia di un corpo che ritrova un pieno contatto con la sua natura.
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