Siamo tutti affascinati, ammirati, increduli a volte, quando osserviamo la naturalezza dei corpi sinuosi degli apneisti che si tuffano in acqua e si muovono come a casa loro. Li percepiamo come corporeamente liberati, meditativi, emotivamente felici. Ad ogni tuffo si scopre una gravità diversa e direzioni mutevoli, indipendenti dalla posizione del corpo. Le organizzazioni variabili dell’avanti, del dietro, della destra e della sinistra, in acqua, si disorganizzano. Ogni volta si scopre l’orizzontalità e con essa i simbolismi del sonno, dei pensieri liberi, del confine tra l’esistenza, che è al di sopra (suolo, cielo) e la nascita (il seme), al di sotto. In acqua si ritrova il simbolismo della ri-nascita. Tutto ciò sembrerà molto astratto, molto poetico o molto filosofico alle persone che non lo vivono, ma vivere corporeamente a un livello emozionale, infra conscio, l’esperienza dell’acqua, nelle sue relazioni di contatto, di abbandono, di sostegno, di contenimento, di liquido amniotico, costituisce un elemento di decifrazione delle paure di ogni adulto, veramente straordinario. Sperimentare attraverso la subacquea le paure indotte dalle sensazioni corporeee, significa conoscere l’ambiente liquido delle nostre prime esperienze sensoriali e recuperare il calore del dentro e del fuori del corpo e di abolire, in certa misura, i confini calorici dell’io e del non-io. Significa sperimentare la liberazione dall’attrazione del suolo, la perdita parziale dell’identità corporea, la realizzazione del desiderio di ‘fusione con la madre’, pronti a nuove aperture simboliche che vedono nell’acqua il contenitore più accogliente e rigenerante. Ma come si arriva ad avere un approccio psicologico alla subacquea dominato dal piacere, dall’equilibrio, dalla sensazione di benessere? La risposta sembra ovvia, ‘attraverso un percorso graduale di scoperte’: immersi, sperimentali ... in armonia. Vediamo, insieme, alcune delle conquiste psicologiche più auspicabili: - dal momento in cui si immerge, il subacqueo diventa ‘finemente conscio’ delle sue problematiche corporee e dell’intima relazione, umorale e viscerale, con l’acqua; - scopre di dover attenuare e superare le proprie tensioni fisiche per ‘essere corporeamente ricettivo’; - ‘riflette i bisogni mutevoli della mente’ senza usare l’acqua come specchio dei propri desideri effimeri; - ‘prende coscienza della propria esperienza facendo parlare le cose, i movimenti, le sensazioni’; - ‘lascia gradualmente le proprie inibizioni corporee’ per accedere a un vissuto più libero ma anche più conscio. L’esperienza della subacquea fa vivere situazioni molto emozionali e molto regressive. Queste situazioni, profondamente vissute, sembrano poter fare a meno della verbalizzazione che sembra ‘distruggere’ il ‘vissuto’ quando lo si razionalizza. In realtà, l’esperienza della subacquea non ha bisogno delle parole, almeno non all’inizio. Ha bisogno di un corpo che parla e che lascia fluire le tensioni e le emozioni corporee vissute. La subacquea mette davanti alle parole l’azione e accoglie nel proprio agire un movimento liberato dalla paura. Per alcuni, pochi per la verità, emerge una illusione da monitorare: quella di rinchiudersi nel piacere regressivo di quelle situazioni, di non voler più uscire da quel vissuto emozionale, semi conscio, a paragone del quale ogni ritorno al reale, al razionale, sembra insignificante e necessariamente frustrante.
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